Molti pensionati, purtroppo, solo con la loro pensione non riescono ad arrivare a fine mese e ad avere una vita dignitosa; per questo motivo lo Stato italiano, nel 1983, ha ideato l’integrazione al trattamento minimo: un sostegno previdenziale pensato per garantire un reddito minimo ai pensionati che non raggiungono tale soglia con il solo importo della pensione.
In questo articolo conoscerai come funziona l’integrazione al trattamento minimo, scoprirai se puoi richiedere il sostegno economico e capirai quali sono i limiti reddituali che devono essere rispettati per ottenere l’integrazione e quali pensioni possono essere integrate.

Cos’è l’integrazione al trattamento minimo INPS
L’integrazione al minimo è una misura di sostegno economico per i pensionati che, pur avendo diritto a una pensione, percepiscono un importo inferiore al quello che lo Stato considera indispensabile per condurre una vita dignitosa.
Attraverso l’integrazione al trattamento minimo, lo Stato si occupa di integrare il valore della pensione sino al raggiungimento della soglia minima di reddito che viene stabilita annualmente in base all’aumento del costo della vita.
In caso il pensionato sia in possesso dei requisiti contributivi, l’integrazione al minimo viene percepita in modo automatico, ma bisogna fare attenzione: non tutte le pensioni possono essere integrate con il trattamento minimo.

Solo le pensioni erogate con il sistema retributivo o misto (ossia quelle con la prima contribuzione precedente al 1° gennaio 1996) possono beneficiare dell’integrazione al trattamento minimo.
Le pensioni erogate con il sistema contributivo (quindi quelle con la prima contribuzione dopo il 31 dicembre 1995), purtroppo non possono usufruire dell’integrazione al trattamento minimo, ma in alcuni casi il pensionato può beneficiare di una parte dell’assegno sociale.
Inoltre, non solo la pensione di vecchiaia, ma anche tutte le altre prestazioni previdenziali, comprese quelle indirette come la reversibilità, possono essere oggetto di integrazione al minimo se erogate dall’INPS, dai fondi speciali per i lavoratori autonomi, dai fondi esclusivi e sostitutivi dell’assicurazione generale obbligatoria.
Se invece si beneficia di due pensioni, il richiedente potrà ottenere l’integrazione al minimo solo per la pensione con l’importo meno elevato.
Come viene calcolata l’integrazione al trattamento minimo?
La soglia di reddito considerata indispensabile per vivere una vita dignitosa viene stabilita annualmente dallo Stato, in quanto è necessario fare una rivalutazione dell’importo in base alle oscillazioni del caro vita.
Per il 2025 la soglia di reddito minimo è fissata a 616,67 euro mensili, tuttavia non tutti i pensionati che non riescono a percepire questo reddito ricevono la totale integrazione al minimo: il valore della integrazione è calcolato in base allo stato civile del pensionato e dall’importo del suo reddito personale o familiare.
Come funziona il calcolo dei redditi per il trattamento integrativo?
Per il trattamento integrativo minimo della pensione i redditi da considerare sono solo quelli assoggettabili all’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, ossia, la tassa statale che viene calcolata in base al reddito dei singoli cittadini, per controllare le condizioni reddituali del pensionato.
Ciò significa che, per il calcolo del reddito, non vengono inclusi alcuni redditi come:
- i trattamenti di fine rapporto;
- il reddito della casa di abitazione;
- l’importo della pensione da integrare;
- i redditi derivanti da competenze arretrate sottoposte a tassazione separata (solo per le pensioni erogate dal 1° febbraio 1994).
Il diritto all’integrazione al minimo della pensione viene valutato considerando inizialmente i redditi del titolare rispetto al limite individuale. In seguito, se il titolare è coniugato e non ha superato il limite reddituale individuale, si prende in considerazione il totale dei redditi della coppia.
Nel caso in cui il pensionato sia celibe, nubile o separato, si considerano i seguenti limiti reddituali nel 2025:
- reddito annuo inferiore a €7.844,20: spetta l’integrazione completa;
- reddito annuo compreso tra €7.844,20 e €15.688,37: spetta un’integrazione parziale;
- reddito annuo superiore a €15.688,37: non spetta alcuna integrazione.
Nel caso in cui il pensionato sia sposato o ha un’unione civile, per il calcolo dell’integrazione al trattamento minimo della pensione, in generale, si tengono in considerazione i redditi della coppia, tuttavia è necessario fare delle distinzioni in base all’anno di pensionamento:
- per i pensionati che hanno iniziato a percepire la pensione dopo il 1994, per ottenere l’integrazione al minimo devono soddisfare due condizioni:
- il reddito individuale non deve superare il limite massimo stabilito dallo Stato che nel 2025 è pari a 15.688,37 euro;
- i redditi coniugali non devono superare quattro volte il valore del trattamento minimo nell’anno di riferimento, per cui nel 2025 non devono essere superiori a 31.376,74 euro;
- per i pensionati che hanno iniziato a percepire la pensione nel 1994, per avere accesso all’integrazione al trattamento minimo devono avere un reddito coniugale che non deve superare 5 volte il valore del trattamento minimo dell’anno di riferimento;
- per i pensionati che hanno iniziato a percepire la pensione prima del 1994, viene considerato il solo reddito individuale.[/message_block]
Raggiungere il valore della pensione minima con l’integrazione al trattamento minimo
Il trattamento integrativo minimo è un sostegno economico erogato dall’INPS ai pensionati che hanno un reddito inferiore a una determinata soglia che viene ricalcolata ogni anno in base all’aumento del costo della vita, ai fini di fargli raggiungere l’importo della pensione minima. L’obiettivo di questa misura è quello garantire un reddito adeguato ai pensionati con redditi bassi, in modo da permettere loro di vivere in modo dignitoso anche con la pensione. Il diritto all’integrazione al minimo viene calcolato considerando i redditi del pensionato rispetto al limite individuale o, se il pensionato è sposato, i redditi coniugali. Esistono limiti massimi di reddito per avere diritto all’integrazione al minimo, che variano a seconda del tipo di prestazione previdenziale e dello stato civile del pensionato.
FAQ
Se si convive ma non si è sposati il reddito del compagno conta per l’integrazione?
No. Solo il reddito del coniuge legalmente sposato viene preso in considerazione. La convivenza “di fatto” non incide sui limiti reddituali per l’integrazione.
L’integrazione al minimo si eredita se il pensionato muore?
No. L’integrazione al minimo non è reversibile. Alla morte del pensionato, la pensione di reversibilità sarà calcolata sull’importo base della pensione, senza l’integrazione.